Ritratto di Yoon Suk-yeol, il presidente sudcoreano
Yoon Suk-yeol è nato il 18 dicembre 1960 a Seul ed è il primo presidente sudcoreano a proclamare la legge marziale dal 1980. Il 10 maggio 2022 è diventato presidente della Repubblica di Corea. Dopo essersi laureato in legge all’Università Nazionale di Seul, ha intrapreso una carriera come procuratore, noto per la sua fermezza contro la corruzione e per aver gestito casi di alto profilo, incluso l’accusa di ex presidenti sudcoreani. Nel 2019 è stato nominato capo della Procura Generale, ma si è dimesso nel 2021 per candidarsi alla presidenza, emergendo come critico del governo progressista di Moon Jae-in.
Rapporti con Corea del Nord e Usa
Eletto con i conservatori del Partito del Potere Popolare, Yoon ha concentrato il suo mandato sul rafforzamento dell’alleanza con gli Stati Uniti, sull’adozione di una linea dura contro la Corea del Nord e sulla promozione della Corea del Sud come attore globale nel commercio e nella tecnologia. A differenza del suo predecessore, Moon Jae-in, che favoriva il dialogo con Pyongyang, Yoon ha assunto una posizione più rigida, promettendo di potenziare le forze armate sudcoreane e minacciando un attacco preventivo in caso di segnali di un’invasione di Seul.
Mentre Moon cercava di bilanciare tra Stati Uniti e Cina, Yoon ha sempre espresso la sua preferenza per Washington. Durante la campagna elettorale ha affermato: “La Corea del Sud e gli Stati Uniti condividono un’alleata forgiata nel sangue, combattendo insieme per proteggere la libertà dalla tirannia del comunismo”. Dopo la rielezione di Donald Trump, è emerso che Yoon ha ripreso a giocare a golf dopo otto anni, in preparazione alla ‘diplomazia del golf’ con il presidente degli Stati Uniti.
Yoon, di fede cattolica, è il terzo presidente sudcoreano dopo Moon e Roh Mo-hyun. Ha ereditato un Paese colpito dalla pandemia di Covid-19 e da una politica polarizzata su questioni come corruzione e disparità di genere. Quest’ultima è particolarmente problematica: in un mercato del lavoro altamente competitivo e con prezzi degli alloggi alle stelle, i cosiddetti “antifemministi” hanno criticato gli sforzi del Paese per affrontare le disuguaglianze di genere, sostenendo che favoriscano troppo le donne. Le femministe, d’altra parte, denunciano l’aumento delle violenze sessuali, le aspettative di genere radicate e la scarsa rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione e in politica come esempi di discriminazione diffusa contro le donne.
Le accuse alla first lady
Yoon è anche alle prese con le frequenti accuse rivolte alla first lady Kim Keon-hee, sospettata di aver falsificato il suo curriculum e le sue credenziali per ottenere incarichi lavorativi e accademici. Questa delicata questione, secondo gli standard morali sudcoreani, ha imbarazzato il presidente che ha difeso la moglie, cercando però di distanziarsi dall’argomento per evitare che danneggiasse la sua immagine politica. Gli oppositori, invece, hanno spesso approfittato di queste accuse per attaccare la credibilità del presidente e del suo governo.
Yoon è diventato il primo presidente sudcoreano a proclamare la legge marziale dal 1980, quando il generale Chun Doo Hwan ha imposto restrizioni alle libertà civili. Questo periodo segnò la brutale soppressione della Rivolta di Gwangju, durante la quale i soldati sudcoreani repressero le proteste causando la morte di centinaia di civili. Questo evento rimane un capitolo controverso della storia del Paese, che aveva già vissuto sotto la legge marziale durante la guerra di Corea e durante il regime autoritario di Park Chung Hee.
Gli ultimi anni della legge marziale coincisero con la transizione democratica alla fine degli anni Ottanta. Le proteste di massa del 1987, conosciute come Rivolta Democratica di Giugno, costrinsero il regime militare a adottare una costituzione più democratica e a indire elezioni presidenziali dirette. Questo movimento ha portato a significative riforme politiche, garantendo che la legge marziale non sarebbe stata più una caratteristica comune del governo sudcoreano, relegandola al passato autoritario.
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