VENEZIA – Un lungo e commovente corteo acqueo ha solcato questa mattina, 13 aprile, il Canal Grande di Venezia per esprimere vicinanza e chiedere giustizia per Alberto Trentini, il cooperante veneziano detenuto da quasi cinque mesi in Venezuela senza alcuna comunicazione con i suoi familiari.
Una manifestazione dal forte valore simbolico, organizzata dalle amiche e dagli amici di Alberto in collaborazione con l’associazione Articolo 21, con il sostegno del Comune di Venezia e del coordinamento delle società remiere. A testimoniare l’importanza dell’iniziativa, la partecipazione compatta di tutte le remiere cittadine, ma anche di semplici cittadini muniti di barche a remi, uniti dallo stesso appello: liberare Alberto.
Un corteo acqueo tra pioggia e speranza
Nonostante le previsioni meteo incerte, il programma della giornata è stato rispettato. Alle 10, come stabilito, le imbarcazioni si sono radunate a Santa Chiara, tra il canale della Scomenzera e il ponte della Costituzione. Alle 10.30 è iniziato il lento corteo che ha attraversato il Canal Grande fino al Bacino di San Marco.
Lì, davanti alla maestosa Basilica della Salute, è avvenuto il toccante alzaremi, gesto simbolico per esprimere rispetto, solidarietà e ferma richiesta di attenzione verso il caso Trentini. Un momento solenne, accompagnato da interventi pubblici di amici, attivisti, rappresentanti dell’associazione Articolo 21 e dell’attrice Ottavia Piccolo, che ha prestato la sua voce per tenere alta l’attenzione su questa vicenda.
La famiglia chiede al Governo una presa di posizione forte
Il silenzio che circonda la sorte di Alberto Trentini è insostenibile per i suoi genitori, Armanda Colusso ed Ezio Trentini, e per tutti coloro che lo conoscono e lo stimano. Da cinque mesi non hanno ricevuto nessuna chiamata, nessuna visita consolare, e la preoccupazione cresce giorno dopo giorno.
La telefonata avvenuta solo pochi giorni fa tra la madre e la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha dato un tenue segnale di speranza, ma non basta. La famiglia chiede azioni concrete, una presa di posizione forte da parte del governo italiano, che si affidi a ogni canale diplomatico per riportare Alberto a casa. L’intervento dell’avvocata Alessandra Ballerini, esperta di Diritto Internazionale, rappresenta un supporto importante, ma non sufficiente senza un impegno istituzionale serio e costante.
Una città unita nel chiedere verità
Oltre alla mobilitazione sul Canal Grande, continuano anche altre forme di protesta pacifica e visibile: il digiuno a staffetta, promosso dagli amici e sostenitori di Alberto, e la raccolta firme che ha già raggiunto migliaia di adesioni. Venezia non resta in silenzio: dal Lido alla Salute, dalla laguna ai palazzi delle istituzioni, si alza un’unica voce che chiede risposte, trasparenza, e soprattutto umanità.
Il coinvolgimento di figure pubbliche e realtà associative è fondamentale per tenere viva l’attenzione su un caso che rischia di cadere nell’oblio. Il delegato alle tradizioni veneziane, Giovanni Giusto, ha firmato un’ordinanza speciale per regolare il traffico acqueo durante la manifestazione, segno di come anche le istituzioni locali siano impegnate in questa battaglia civile.
L’appello a non abbassare la guardia è costante, perché l’attenzione mediatica e popolare può fare la differenza. In molti casi simili, la pressione dell’opinione pubblica ha contribuito a ottenere risultati. Per questo ogni gesto, ogni remata, ogni firma ha valore.
Due iniziative simili sono già state raccontate anche da Articolo 21 e Repubblica, per sottolineare come il caso sia tutt’altro che isolato.