Sorrisi e abbracci per le tre ragazze ostaggio di Hamas
Le tre giovani donne, Emily, Doron e Romi, sono finalmente tornate in Israele dopo 471 giorni di prigionia a Gaza, in seguito all’accordo che ha sancito la tregua nella Striscia di Gaza. Nonostante i sorrisi e gli abbracci della loro accoglienza, gli esperti avvertono che i traumi subiti potrebbero lasciare segni profondi nel loro futuro.
Mencacci: “Stessa condizione dei sopravvissuti ai lager”
Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf), paragona la condizione di Emily, Doron e Romi a quella dei deportati nei campi di concentramento nazisti. Sottolinea che riprendersi da un’esperienza così traumatica richiederà anni di lavoro psicologico, ma Israele dispone delle migliori tecniche per affrontare il disturbo post-traumatico complesso. L’isolamento, le torture e le minacce costanti hanno portato le tre donne in ostaggio a vivere in uno stato di allerta cronica e permanente, anche dopo la liberazione.
Mencacci osserva con commozione il rilascio delle ragazze, evidenziando la necessità di ricostruire il loro senso di sé e superare le ferite profonde con l’aiuto di esperti. Sottolinea che la tregua deve continuare per permettere un percorso di guarigione adeguato.
Grappone: “Ritorno a normalità tra incubi e lunghe terapie”
Noemi Grappone, psicoterapeuta esperta in traumi di guerra e violenza, conferma che il percorso di ripresa per gli ostaggi sarà lungo e doloroso. Il ritorno alla normalità dopo un’esperienza cronicamente traumatica come quella vissuta dalle ragazze richiederà terapie lunghe e specifiche per superare il disturbo post-traumatico complesso.
Grappone evidenzia che le ragazze potrebbero affrontare incubi, flashback e pensieri intrusivi cristallizzati, e che il supporto degli esperti è fondamentale per aiutarle a superare il trauma. La società in cui vivono deve essere riabilitante per facilitare la guarigione.
“Trauma ostaggi vissuto anche da famiglie”
Non solo le ragazze liberate hanno bisogno di supporto psicologico a lungo termine, ma anche le loro famiglie dovranno affrontare un processo di elaborazione del trauma vissuto. Grappone sottolinea l’importanza di supportare anche i familiari nel ricongiungimento con le vittime, poiché potrebbero vivere reazioni di paura e perdita. È necessario lavorare sulle memorie traumatiche e sulle emozioni connesse per avviare un percorso di ripresa e stabilità.
Le famiglie devono affrontare le difficoltà relazionali e quotidiane per ritrovare una stabilità e un senso di sicurezza. Il percorso di guarigione per le vittime e per le loro famiglie sarà lungo, ma fondamentale per superare il trauma. (di Francesca Filippi)