A Palazzo Tadea a Spilimbergo si è tenuto stamattina il primo appuntamento della serie di incontri di studio dedicati all’arte del mosaico e organizzati dalla Scuola mosaicisti del Friuli.
Ospiti di eccezione sono stati Anna Maria De Strobel e Guido Cornini, storici dell’arte e funzionari dei Musei Vaticani, rispettivamente la già curatrice del Reparto arazzi e tessuti e il responsabile del Dipartimento delle arti dei Musei Vaticani.
Dopo i saluti del presidente della Scuola Mosaicisti del Friuli, Stefano Lovison, e del Sindaco di Spilimbergo, Enrico Sarcinelli, il moderatore del convegno, l’architetto Paolo Coretti, ha messo in luce come le due tecniche artistiche, quella del mosaico e quella dell’arazzo, seppur diverse per materiali e modalità esecutive, trovino un’origine comune nel progetto che precede ogni realizzazione e che si concretizza nel bozzetto, nel cartone e nel modello. Ha anche ricordato come la Scuola Mosaicisti del Friuli abbia da diversi anni avviato uno studio sul rapporto tra arazzo e mosaico che si è concretizzato nell’a.f. 1997/1998 in un grande pannello a mosaico Le vin du monde realizzato a partire da un cartone di arazzo di Jean Lurçat, importante arazziere contemporaneo, pannello che ora fa bella mostra nello spazio esterno della Scuola.
I relatori con un intervento supportato da bellissime immagini hanno dimostrato come il mosaico e l’arazzo, nella Roma del Rinascimento e dei secoli seguenti, condividessero procedimenti esecutivi, scelte iconografiche e funzioni. Le due arti nelle manifatture ufficiali a cui si rivolgevano sia la corte papale che le famiglie nobili romane, procedevano in parallelo. Gli arazzieri e i mosaicisti guardavano a modelli comuni spesso realizzati da abili disegnatori e pittori che copiavano i capolavori dei pittori più noti. I maestri artigiani avevano il compito di riprodurre con tessere o fili l’immagine del cartone che poteva variare per dimensioni, colori e finalità: da formati minori per fare dei doni a illustri visitatori, a grandi pannelli o arazzi che rivestivano pareti abbellivano degli spazi, sostituivano pale d’altare, tele e dipinti murali.
Stupisce la precisione e l’accuratezza delle interpretazioni in mosaico o arazzo rispetto agli originali pittorici che il confronto delle riproduzioni proposte dai due storici ha reso evidente. Dalla relazione sono emerse anche le competenze chimiche e nei procedimenti tecnici che questi maestri arazzieri e mosaicisti possedevano e si tramandavano: dalla conoscenza delle tinture dei filati, alle miscele per creare diverse tonalità di smalti e non dipendere così dalle forniture veneziane.
È emerso anche come fino all’Ottocento non ci fosse una distinzione netta tra arti maggiori e minori, tra competenze artistiche ed artigiane, ma ogni intervento, proprio per la sua importanza e rappresentatività, avesse pari dignità e fosse sempre risolto al massimo della sua possibilità sia nella scelta dei materiali che nella espressività iconografica e nella cura e perfezione esecutiva.
Domani, giovedì 21 aprile alle ore 10.30 a Palazzo Tadea, si terrà il secondo appuntamento di questo ciclo di approfondimenti e sarà incentrato sulla formazione con una tavola rotonda con le principali istituzioni italiane che si occupano di trasmettere l’arte del mosaico: l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, il Liceo artistico “Mario D’Aleo” di Monreale (Palermo) e la Scuola Mosaicisti del Friuli. Tutte le informazioni si trovano sul sito della Scuola Mosaicisti del Friuli nella sezione dedicata agli Eventi per il centenario e nelle news o telefonando direttamente alla Scuola in orario d’ufficio
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