Il Papa denuncia la cultura dello scarto
In occasione del 55esimo anniversario dell’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma (Ail), il Papa ha ricevuto in udienza il gruppo e ha denunciato la cultura dello scarto. Secondo il Pontefice, la malattia viene spesso emarginata perché genera paura e ostacola i progetti delle persone. La sofferenza porta le persone e le loro famiglie nel buio del dolore e dell’angoscia, creando isolamento e chiusura. A livello sociale, la malattia è spesso vista come una sconfitta da nascondere o eliminare, scartando i malati in nome dell’efficienza e della forza.
La logica del dono contro la cultura dello scarto
Il Papa ha sottolineato che la logica del dono è l’antidoto principale alla cultura dello scarto. Ogni gesto di dono indebolisce e annulla la cultura dello scarto, sconfiggendo il consumismo che cerca di dominare le nostre vite. Il primo a donarsi è Dio stesso, seguito da Gesù nella sua Incarnazione. Il Pontefice ha esortato a guardare al Natale imminente e al Bambino donato al mondo per la salvezza di tutti, ricordando l’importanza della tenerezza come elemento fondamentale.
Il Papa ha invitato a non rimanere chiusi in se stessi, ma a essere presenze tangibili e visibili nella comunità, condividendo il dolore e agendo come buoni samaritani. Questo impegno contribuisce a sostenere la ricerca scientifica e a garantire attenzione alle persone che necessitano di supporto durante la terapia. Francesco ha ricordato che la Chiesa celebra San Giovanni della Croce, sottolineando l’importanza dell’amore e della speranza che l’associazione dona alla società.
Valorizzare la solidarietà e la vicinanza
Il Papa ha elogiato l’associazione per la testimonianza di solidarietà e vicinanza, particolarmente significativa in un’epoca dominata dall’individualismo. Francesco ha evidenziato la costruzione di due speranze: la speranza della cura e la speranza della terapia con le metodologie più avanzate. Le storie dei malati e le relazioni possono dare senso al dolore e rispondere ai “perché”, dissipando il buio del dolore e dell’angoscia che spesso generano solitudine e chiusura.
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