Il Friuli Venezia Giulia (FVG), con il suo dinamico mercato del lavoro, si distingue a livello nazionale, occupando l’ambito sesto posto nella classifica della qualità del lavoro tra le regioni italiane. Questa posizione privilegiata è stata evidenziata nel recente rapporto Benessere Equo Sostenibile (BES), pubblicato dall’Istat, che ha analizzato una serie di indicatori chiave per valutare la situazione lavorativa regionale.
Incremento degli occupati rispetto al pre-Covid
Dal 2019, anno pre-pandemico, al 2023, il FVG ha visto un aumento significativo degli occupati. La regione conta 12mila addetti in più (+2,3%), sebbene l’ultimo anno abbia mostrato una leggera diminuzione di mille unità. Nonostante questo, il totale degli occupati raggiunge le 520.000 persone, segno di una resilienza notevole nel contesto economico attuale.
Trieste e Udine: motori della crescita
Le province di Trieste e Udine hanno guidato l’espansione occupazionale nel territorio. Trieste, in particolare, ha registrato un incremento di 3.400 unità (+3,5%) dal 2019, mentre Udine ha aggiunto 7.700 posti di lavoro. Questi numeri riflettono una dinamica positiva che contrasta con la lieve flessione registrata a Pordenone.
Qualità del lavoro: un’analisi dettagliata
Il FVG si distingue non solo per la quantità, ma anche per la qualità del lavoro offerto, come dimostrano gli otto indicatori analizzati nel rapporto BES:
Dipendenti con paga bassa
Occupati sovraistruiti
Lavori a termine prolungati
Tassi di infortuni
Irregolarità lavorative
Soddisfazione lavorativa
Sicurezza del posto di lavoro
Part time involontario
Sebbene la regione mostri ottimi risultati nella maggior parte delle categorie, vi sono aree di miglioramento, in particolare riguardo alla sovraistruzione e alla soddisfazione lavorativa, dove il FVG si colloca rispettivamente al 14° e al 10° posto.
Sfide persistenti nel mercato del lavoro
Nonostante i progressi, il FVG affronta sfide significative, come un tasso di occupazione femminile ancora basso e retribuzioni che non competono con le medie delle principali regioni europee. Queste criticità si ricollegano direttamente a un livello di produttività del lavoro inferiore e a un tasso di NEET (giovani che non studiano né lavorano) preoccupante.
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