Con una prima fase di assistenza domiciliare finalizzata al sostegno educativo di minori in età scolare, si è da poco conclusa la prima fase del progetto “Go(to)gether” che mira a supportare la genitorialità, attraverso l’affiancamento da parte di educatori che offrono un supporto ai ragazzi per limitare gli effetti negativi della povertà educativa.
Il progetto “Go(to)gether”, selezionato da Con i Bambininell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile con il bando “Un passo avanti”, è l’iniziativa portata avanti da oltre un anno nel Friuli Occidentale da Fondazione Opera Sacra Famiglia che coinvolge 300 tra educatori, docenti e coordinatori che operano in 5 macro aree (Pordenone, Azzano Decimo, San Vito al Tagliamento, Maniago, Sacile) collaborando con 8 Istituti comprensivi, 7 enti del Privato sociale e 6 enti pubblici, in primis Comune di Pordenone e Asfo (Azienda sanitaria Friuli Occidentale). L’obiettivo dell’iniziativa, coordinata dalla Fondazione Opera Sacra Famiglia, è contrastare il triste fenomeno della povertà educativa che nel Friuli Occidentale colpisce il 10% della popolazione e, in particolare, i ragazzi di età compresa tra i 6 e i 17 anni che, in termini di conseguenze psicologiche e sociali, pagano il prezzo maggiore imposto da questa pandemia. Per questo motivo i 21 partner che partecipano al bando triennale “Un passo avanti – Idee innovative per il contrasto della povertà educativa minorile” hanno tradotto in pratica i principi del bando europeo, ognuno per il proprio ambito di competenza.
«A partire da giugno 2021 – spiega soddisfatta la responsabile del progetto Silvia Astorri per la Fondazione Opera Sacra Famiglia – sono stati gradualmente avviati gli interventi di educativa domiciliare, oltre a quelli di educativa territoriale. Dopo un anno contiamo 56 ragazzi iscritti a questa parte del progetto, ossia più del doppio del semestre precedente, appartenenti a 45 nuclei familiari residenti in provincia di Pordenone. Al momento non tutti i percorsi si sono conclusi, perché qualche minore è rientrato nel Paese di origine dei genitori o perché l’evoluzione della situazione familiare ne ha compromesso lo svolgimento sereno. In altri casi invece dei minorenni hanno proseguito le attività educative dopo aver concluso il proprio percorso mentre altri hanno svolto anche l’attività di sostegno ai compiti prevista dal progetto ad integrazione dell’educativa domiciliare».
Filo conduttore dell’iniziativa è il programma “Pippi”, per il quale è stata avviata una formazione ad hoc, rivolto alle famiglie in cui c’è una carenza significativa o un’assenza di risposte ai bisogni di un bambini, bisogni riconosciuti come fondamentali sulla base delle conoscenze scientifiche attuali e dei valori sociali adottati dalla collettività di cui il bambino fa parte. L’obiettivo aumentare la sicurezza dei bambini e migliorare la qualità del loro sviluppo, per prevenire forme più gravi di maltrattamento e gli eventuali allontanamenti dei bambini dalle famiglie.
Il progetto è stato selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il Fondo nasce da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Terzo Settore e il Governo. Sostiene interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Per attuare i programmi del Fondo, a giugno 2016 è nata l’impresa sociale “Con i Bambini”, organizzazione senza scopo di lucro interamente partecipata dalla Fondazione “Con il Sud” (www.conibambini.org).
LA STORIA. La storia tratta il percorso di assistenza domiciliare durato da febbraio a luglio di questo anno (totale di 120 ore), tenuto dall’educatrice Chiara Bonamici che ha seguito una famiglia della provincia di Pordenone con due figli iscritti alla scuola primaria. Come accade spesso la povertà materiale procede di pari passo con quella educativa e a volte con quella emotiva. La segnalazione è giunta dalla scuola. I genitori, separati in casa, impegnati da mattina a sera con mestieri molto pesanti, non dimostravano molta attenzione ai figli che avevano dimostrato grandi capacità e intelligenza, ma sprovvisti di supporto si perdevano nei meandri organizzativi della quotidianità fatta di scuola e vita domestica. Nello specifico, mentre il padremanifestava alle insegnanti la sua incapacità di gestire i figli, chiedendo aiuto, la madre continuava a mantenere una distanza emotiva giustificata dal carico lavorativo che non lasciava spazio e forse per dedicarsi alla prole. Le insegnanti hanno richiesto all’educatrice di intervenire in particolare nello sviluppo dei compiti, nella gestione del materiale scolastico, nella gestione del tempo, e nel prendersi cura di loro stesse e dei materiali. Il progetto Go Together prevede che i primi incontri vengano utilizzati per creare una relazione calda e di fiducia tra l’educatrice e l’intera famiglia, in quanto il progetto è un progetto di cui non deve beneficiare solo il minore ma l’intero nucleo familiare.L’educatrice ha notato da subito che il bisogno individuato dalla scuola era un bisogno reale: la mamma non riusciva a dare il giusto tempo e la giusta importanza al rapporto con i figli e lei stessa dichiarava di non avere tempo per occuparsi di loro unavolta finito il turno di lavoro. I bambini, quindi, erano seguiti nel poco tempo che rimaneva a disposizione al padre una volta rincasato da lavoro. L’educatrice ha deciso di coinvolgere la mamma in ogni attività, facendole comprendere che era compito primario occuparsi dei figli dal punto di vista affettivo relazionale. Una volta compreso bene, la mamma ha modificato i suoi atteggiamenti che hanno avuto a cascata effetti positivi sui bambini: le insegnanti hanno riscontrato risultati evidenti anche all’interno del gruppo classe al punto da notarli più sorridenti, più solari, più accoglienti ed empatici.