Le Case della Comunità così come sono state organizzate in Veneto sono mal distribuite sul territorio e, soprattutto nelle aree a grande dispersione, non rispondono alle esigenze e ai bisogni socioassistenziali della popolazione residente. A sostegno di questa dichiarazione, FIMMG Veneto ha elaborato in partnership con la CGIA di Mestre – Centro Studi Sintesi una serie di mappe geolocalizzate – che, per ogni azienda sanitaria veneta, incrociano i siti individuati per le nuove strutture finanziate dal PNRR con gli indici di densità di popolazione e di vecchiaia – che dimostrano come le Case della Comunità, la loro distribuzione e i bisogni dei cittadini veneti non si incontrino e anzi, in molti casi, siano d’ostacoloallo svolgimento delle buone pratiche assistenziali.
«Dalle mappe si vede chiaramente – afferma il segretario regionale di FIMMG Veneto Maurizio Scassola – che per raggiungere molte delle Case della Comunità ci sono tempi di percorrenza troppo lunghi, quasi sempre superiori al quarto d’ora. In particolare proprio nelle zone più svantaggiate, a popolazione dispersa, i tempi di viaggio sono tra i 30 e i 45 minuti. Quali sono stati i criteri che hanno spinto la politica veneta a fare questa scelta? Di sicuro non ne ha discusso con le organizzazioni sindacali dato che nessun confronto è mai stato fatto sul tema con la Medicina Generale».
Secondo FIMMG Veneto, inoltre, la bozza di proposta arrivata dalla Regione a inizio dicembre sull’Accordo Integrativo (AIR), basata in particolare sull’implementazione del personale di studio e infermieristico per i medici di famiglia, non accoglie alcuna istanza avanzata nelle trattative ed è per questo irricevibile, tanto che FIMMG Veneto ha deciso di disertare l’ultima convocazione calendarizzata per lo scorso 18 dicembre.
«Questa proposta – prosegue il segretario Scassola – non può rappresentare una base di discussione per una vera, operativa riorganizzazionedell’Assistenza Primaria nella nostra Regione, dove, lo ricordiamo, il 40% dei medici di famiglia lavora ancora in perfetta solitudine. Abbiamo sempre sottolineato come sulla presenza del personale di studio e infermieristico, opportunamente formatoper svolgere incarichi complessi e vero volano dell’organizzazione, si giochino la credibilità e la fattibilità di una vera presa in carico della persona. Investire e formare il personale significa comprendere i problemi dei cittadini, prenderne in carico i bisogni, attivare percorsi di assistenza e cura, sostenere i Medici di Medicina Generale in un’attività sempre più complessa che necessita di alti livelli di organizzazione. Da questo punto di vista, invece, la proposta della Regione è carente e fuori dal tempo che viviamo, lontana dai problemi della quotidianità delle persone e dei loro medici di famiglia. Una proposta che anzi, di fatto, ostacola lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale e mortifica con ulteriori carichi di lavoro il ruolo e le funzioni dei colleghi».
FIMMG Veneto rilancia, dunque, la sua proposta: uno standard organizzativo come la Medicina di Gruppo, con una sede principale e studi periferici, alimentata da personale di studio in proporzioni adeguate alla densità di popolazione e ai suoi bisogni, può svolgere una funzione rigeneratrice nella rete assistenziale territoriale e cooperare con le Case della Comunità in un progetto di integrazione di competenze, di procedure diagnostico-terapeutiche, di sostegno alla cronicità e alla fragilità delle persone e delle loro famiglie.
«Il modello della Medicina di Gruppo che proponiamo come standard organizzativo – sottolinea ancora il segretario Scassola – rappresenta il vero nodo della rete assistenziale: vicinanza, equità, tempestività, integrazione sociosanitaria. Un anziano in un’area a bassa densità di popolazione con collegamenti precari e tempi di viaggio di 45-60 minuti come ci arriva alla sua Casa della Comunità? Questi cittadini restano di fatto senza assistenza».
La FIMMG Veneto si pone oggi come riferimento per attuare un’analisi sistematica di dati sociosanitari per una corretta pianificazione degli interventi, per monitorare i bisogni della popolazione e per produrre una corretta informazione. Analisi che sarà allargata presto ai singoli territori con il coinvolgimento dei sindaci. «Abbiamo il dovere – conclude Maurizio Scassola – di offrire ai cittadini un’organizzazione di eccellenza e di mettere i Medici di Medicina Generale, in particolare nelle aree disperse, in condizione di offrire assistenza in modo sicuro ed efficiente. Con questa proposta rafforziamo il nostro percorso di impegno civile e professionale, sempre al fianco della popolazione con la quale condividiamo disagi e voglia di cambiamento».
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