CITTADELLA (PD) – E’ morto a 102 anni Enrico Vanzini, uno degli ultimi testimoni italiani dell’orrore vissuto nei campi di concentramento nazisti. Internato a Dachau nel 1944, Vanzini fu costretto a svolgere il tragico ruolo di Sonderkommando, obbligato a bruciare i corpi degli internati nei forni crematori. Un’esperienza che segnò la sua vita per sempre, ma che, nonostante la sofferenza, lo portò a dedicarsi alla memoria delle vittime dell’Olocausto.
La tragica esperienza nei campi di concentramento
Arruolato inizialmente come militare a Atene nel 1943, Vanzini si rifiutò di unirsi ai tedeschi e fu deportato in Germania. Dopo una fuga fallita, finì nel lager di Dachau, dove subì fame, torture e il gelo. Come prigioniero numero 123343, visse per sette mesi nel terrore e nella sofferenza. Durante questo periodo, fu costretto a svolgere lavori indicibili, tra cui l’incarico di eliminare i corpi degli internati nei forni crematori. Una delle memorie più dolorose che portò con sé fu quella di un uomo vivo che stava per essere bruciato. Nonostante i suoi tentativi di fermare l’esecuzione, fu costretto a proseguire.
Il suo impegno per la memoria storica
Dopo la guerra, Vanzini si impegnò attivamente per raccontare la sua esperienza e quella di tanti altri prigionieri, facendo conoscere nelle scuole le atrocità che aveva vissuto. Con un grande spirito civico, decise di condividere la sua testimonianza affinché le nuove generazioni potessero imparare dalla storia e non ripetere gli errori del passato. La sua testimonianza è stata un faro di verità per contrastare le falsificazioni storiche e mantenere viva la memoria di uno dei periodi più bui del Novecento.