MARGHERA (VENEZIA) – Dopo 27 anni di servizio presso la Metro, P.M. è stato licenziato per una presunta irregolarità legata alle spese di consegna.
Il lavoratore sette giorni dopo si toglie la vita. La sua famiglia ha deciso di portare l’azienda in tribunale.
Il motivo del licenziamento: un risparmio di 280 euro per i clienti
Il licenziamento è scattato a causa di 14 episodi in cui il dipendente avrebbe inserito nei carrelli dei clienti alcune confezioni di gamberi rossi, portando così l’importo totale degli ordini oltre i 250 euro. Questa soglia consentiva di evitare il pagamento di 20 euro di spese di consegna. Secondo l’azienda, i gamberi non erano disponibili in magazzino e P. M. li avrebbe inseriti solo per far ottenere il beneficio della spedizione gratuita ai clienti.
La Metro ha quantificato il danno in 280 euro, sostenendo che l’operato del dipendente avrebbe avuto un impatto sulla sostenibilità dei servizi aziendali. Le giustificazioni fornite da P. M. non sono state accettate, portando alla sua immediata rimozione dal posto di lavoro.
Licenziamento ingiustificato e sproporzionato
Secondo Leonello Azzarini, legale della CGIL, il licenziamento appare ingiustificato e sproporzionato rispetto alla presunta violazione. Inoltre, il sistema della Metro consente ai clienti di effettuare ordini autonomamente tramite la piattaforma online, senza necessariamente l’intervento del venditore. Inoltre, il software aziendale permetteva di ordinare prodotti non disponibili in magazzino, una situazione che si era già verificata con altri dipendenti senza che questi venissero puniti.
L’azione disciplinare contro P. M. appare quindi inusualmente severa, soprattutto considerando che in casi simili in passato l’azienda aveva applicato semplici sanzioni disciplinari o sospensioni temporanee.
Una carriera lavorativa senza macchie
P. M. viveva a Pontelongo (PD) e lavorava per la Metro da quasi tre decenni, gestendo un portafoglio clienti a Venezia. Il suo curriculum era impeccabile, senza precedenti di contestazioni disciplinari.
Secondo la famiglia e i colleghi, l’uomo viveva il suo impiego con dedizione assoluta. Pertanto, il licenziamento ha avuto un impatto devastante sul suo stato emotivo, portandolo al tragico gesto che risale al 11 agosto 2024.
La battaglia legale contro la Metro
I familiari ora chiedono giustizia e hanno depositato un ricorso presso il tribunale del lavoro di Venezia, dove il caso sarà discusso il 6 giugno. L’obiettivo è dimostrare che il licenziamento non aveva i presupposti per essere considerato legittimo, soprattutto perché situazioni simili erano già accadute con altri dipendenti senza conseguenze così drastiche.
Nel documento presentato al giudice, la famiglia sostiene che il provvedimento possa essere stato influenzato da dinamiche interne e da rapporti tesi tra P. M. e un suo superiore. Inoltre, il sistema aziendale prevedeva un budget per agevolare i clienti con omaggi e sconti, motivo per cui l’eventuale mancato addebito delle spese di consegna potrebbe essere stato interpretato come una consuetudine aziendale.
La sentenza del giudice del lavoro sarà determinante per stabilire se il comportamento della Metro sia stato proporzionato o meno.
La richiesta di risarcimento avanzata dalla famiglia di P.M. è pari a 24 mensilità.